Origini lontane per un vino che guarda al futuro: Nera dei Baisi 2018, Albino Armani
La Nera dei Baisi è una varietà recuperata dall’estinzione nel 2002 attraverso la “Conservatoria delle Varietà Autoctone in via di estinzione in Vallagarina” insieme ad altre cultivar tra le quali la Peverella, la Vernazza, la Turca, la Negrara, la Corbina e la Corbinella.
Un progetto dell’Azienda vinicola Albino Armani con il supporto dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige.
Prende il nome dalla contrada “Baisi” di Terragnolo (TN), ai piedi del monte Pasubio, dove era presente l’unica vigna rimasta. L’interesse sulla varietà è relativo alle proprietà di resistenza alle malattie fungine che la caratterizza.
Le ricerche ne hanno determinato le origini in un incrocio di vitis europea ed americana che corrisponde alla varietà Plantet (incrocio Seibel 5455). L’incrocio è stato ottenuto da Albert Seibel a cavallo tra la fine dell‘800 e i primi del ‘900. La varietà è anche conosciuta con i sinonimi di Pignoleta Nera e Solara.
In quegli anni il parassita Fillossera e le malattie fungine Oidio e Peronospora, importate dall’America, mietevano i vigneti di tutta Europa. La ricerca di una soluzione vedeva la Francia in prima linea con i suoi ricercatori. Albert Seibel fu probabilmente il più famoso e prolifico tra questi, realizzando 15000 incroci di cui oltre 2000 commercializzati.
La Nera dei Baisi si può identificare come un “proto-Piwi” tra le varietà resistenti coltivate. Trova un’espressione unica in bottiglia solo grazie a questa cantina che ne realizza circa 2500 bottiglie. Il vigneto è coltivato in Valdadige nel comune di Dolcé (VR), qui si trova sia la “Conservatoria” che la sede della cantina. I terreni sono di matrice alluvionale e il sistema d’allevamento è quello tradizionale della pergola Veronese. La vinificazione contempla una fermentazione con macerazione ed una successiva maturazione svolta parte in acciaio e parte in legno, seguita dall’affinamento in bottiglia.
L’annata in assaggio è la 2018, bottiglia nr. 295 di 2560.
Il colore rubino vivace annuncia un vino dai profumi fruttati intensi di fragola e ciliegia, floreali di rose rosse e leggermente tostati dal passaggio in legno. L’assaggio è fresco e dinamico, succoso, con i frutti rossi che si allungano su delicati ricordi vegetali. I tannini sono minimi, praticamente assenti, lasciano la scena a sensazioni minerali e sapide. Qualcosa ricorda il fragolino e quei sentori che immagino abbiano caratterizzato le prime generazioni di incroci. Qui però c’è finezza ed eleganza. L’evoluzione della varietà nel tempo e le capacità agronomiche ed enologiche di questa storica cantina, datata 1607, portano nel calice un vino unico, piacevole e intrigante.
Degustato leggermente fresco esalta la fragranza del frutto, tanto da proporsi come un ottimo aperitivo o per una merenda succulenta insieme a un bel tagliere di salumi e formaggi.
Non ci sono altri vini simili a questo, più lo assaggio e più mi diverte. Ha radici storiche ma sposa perfettamente una tendenza moderna al consumo di vini profumati dal volume alcolico contenuto.
Cantina Vini Armani A. srl, Località Ceradello 401, Dolcè (VR) – Sito web
Approfondimenti:
· Gli inventori degli ibridi in soccorso della vigna.
· Il miglioramento genetico della vite. Malattie, portinnesti e incroci interspecifici. Un viaggio lungo 150 anni.