I Filari Margherita di Alberto Lot
Sono felice di parlare di questo piccolo produttore situato a cavallo tra Friuli Venezia Giulia e Veneto. Le vigne sono a Palù di Francenigo (TV) mentre la cantina è a Sacile (PN). I vigneti sono in conversione biologica, coltivati su terreni caratterizzati da strati di ghiaia e torba. Poco distante scorre il fiume Livenza.
A rendere speciale la produzione di Alberto Lot sono i quattro vini realizzati, derivano tutti dalla stessa varietà di uva, il Bronner. Quattro interpretazioni molto diverse, con un comune denominatore che li fa avvicinare molto al concetto di “naturale” nel vino. Le fermentazioni sono spontanee, i vini non vengono chiarificati né filtrati.
In questo post ne presento due, le versioni ferme dei Bronner di Lot., i Filari Margherita.
Filari Margherita (bottiglia scura) 2019
Giallo paglierino carico, leggermente torbido e luminoso. Naso complesso, pulito. Profumi che mi portano nei campi, al floreale, al fieno asciutto, ai frutti tropicali. L’assaggio è fresco, succoso, mi arriva potente l’agrume nel retrogusto, un’arancia matura e zuccherina, penso alla qualità Navel.
Wow, che bel vino. L’acidità accompagna il sorso con una punta di salinità e un finale in cui si arrotonda ed invita al nuovo sorso. Il volume alcolico è del 12%. La persistenza non è lunghissima ma qui si apprezza di gran lunga la finezza degli aromi e la piacevolezza.
Ha un corpo discreto ed esprime un senso di ‘naturalità’ non comune a tutti.
In vinificazione le uve fanno una macerazione di un giorno e mezzo.
Arrivi alla fine e ne vorresti subito un’altro calice e poi ancora. Aromi, finezza ed equilibrio lo caratterizzano.
L’ho degustato con piacere in una cena a base di pesce.
Si merita la prima menzione “foglia d’oro” del 2022.
Filari Margherita (bottiglia trasparente) 2019
Il colore è uno spettacolo, arancio intenso e brillante, non è filtrato ma sfiora la trasparenza.
All’olfatto si accentuano aromi di maturità, puliti, ricordano l’arancia candita, l’albicocca, le spezie indiane.
Nel palato c’è una bella acidità e una progressione aromatica che ritorna all’agrumato. Il corpo è snello, dinamico, quasi sfuggente. Grazie al volume alcolico limitato al 10,5% scende veloce, ne rimane però una lunga scia di persistenza aromatica. I tannini sono setosi, agiscono nelle retrovie senza disturbare. Il finale è salino, fresco.
Le uve fanno una macerazione di tre settimane.
Mi piace perchè in qualche modo mi ha spiazzato. Senza vedere il retro etichetta pensavo ad un vino di gran corpo ed invece scende come un rosato, ma con un corredo aromatico ampio, tipico dei vini macerati a lungo.
Lot ne trae un orange facile da apprezzare e perfetto per sorprendere gli amici.
L’abbinamento diventa più difficile, probabilmente la cucina etnica lo esalterebbe. L’ho assaggiato con piacere insieme a scaglie di Parmigiano Reggiano stagionato 30 mesi.
La cosa fantastica di questi due vini è che corrono su strade parallele, solcano un terroir in grado di esprimere finezza ed eleganza nel vino. Prendono poi direzioni diverse per regalare a chi li assaggia due panorami sorprendenti ed unici.
In entrambi i Filari Margherita di Lot si sente quell’aspetto di naturalità/artigianalità che amo riscontrare nei vini. Assaggiati con lo stesso piacere anche il giorno dopo la stappatura.