Pierrot 2019, Reyter
Il Pierrot di Reyter è un vino che esce dai canonici riferimenti dei vini Piwi, è un Signor bianco che potrebbe tranquillamente stare nella lista vini di un ristorante stellato.
Sotto alla capsula del Pierrot si nasconde un inusuale ed elegante tappo in vetro. Il calice si colora di un giallo intenso che si ritrova nei profumi. Mi vengono in mente i girasoli di Van Gogh, le pennellate consistenti come terra arata. Un giallo intenso abbastanza limpido, è un vino non filtrato e non chiarificato, naturale.
I profumi sono un insieme di floreale aromatico che ricorda la rosa e l’uva spina e un fruttato a polpa gialla matura. C’è poi una direzione olfattiva sulfurea di pietra focaia e speziata che ricorda la noce moscata.
Al Pierrot viene fatta anche la fermentazione malolattica ed affina in botti da 500l per 12-16 mesi.
L’assaggio è gratificante, risulta equilibrato, con un bel retrogusto agrumato. Fresco e leggermente tannico. Si allunga con forza aromatica e sensazioni minerali, carboniche/saline. Ha un corpo strutturato e un volume alcolico del 14% ben integrato. È dinamico e per niente pesante sebbene alcolico.
Molto interessante perchè resta in equilibrio tra un vino bianco evoluto e un orange wine. Bello ‘ciccio’, con ottime fragranze fruttate che accompagnano il sorso per poi sfumare su sfaccettature evolutive del passaggio in legno.
Il Pierrot arriva da uve di Muscaris e Bronner coltivate a Gries in provincia di Bolzano.
Ci sono vari aspetti a rendere speciale questo vino biologico di Christoph Unterhofer, il terroir altoatesino senza dubbio, e la bella interazione delle varietà. L’aromaticità del Muscaris si sposa perfettamente con la ricca struttura del Bronner. La vinificazione e il passaggio in legno sono la firma di Reyter, un’opera d’arte vinicola di grande piacevolezza.
La cucina speziata e i formaggi piccanti sono un ottimo accompagnamento a questo vino che aggiungo ai miei preferiti dell’anno.