PIWIPEOPLE: Nicola Biasi

Ciao Nicola, sono talmente tante le domande che vorrei farti che ho difficoltà a scegliere la prima. Andiamo con ordine allora. Come nasce il tuo interesse verso i vitigni resistenti?

Ciao Luca, intanto grazie per tutto il lavoro che stai facendo. Persone e comunicatori come te sono fondamentali per noi produttori di vini da vitigni resistenti!
Come è nato l’interesse? Curiosità e ci vedevo un grande potenziale. Quando ho piantato nel 2012 in Italia se ne parlava ancora davvero poco (Lieselehof a parte). Volevo piantare in montagna quindi cercavo un vitigno da zone fredde… ed ecco lo Johanniter!

La tua esperienza internazionale e nazionale ha influito e come sulla tua idea di viticoltura e di scelta etica di sostenibilità?

Sui resistenti no. Sul fare una viticoltura senza compromessi a livello qualitativo si. Il Vin de la Neu nasce in vigneto. Con un territorio e un terreno secondo me unici e con una gestione maniacale. Poi in cantina basta non fare errori…
La sostenibilità credo di averla cercata si per la mia esperienza internazionale ma non quella tecnica, quella umana. Dovremmo imparare molto a livello di etica da alcuni paesi… e girando molto te ne rendi conto.

Penso che ormai tutti sappiano come è nato il tuo Vin de la Neu, perchè a Coredo e perchè lo Johanniter?

A Coredo semplicemente perché avevo li i terreni acquistati dai miei nonni al rientro dall’Australia. Avevo voglia di tornare più spesso in questo piccolo paesino e così l’idea di piantare. Dopo diversi anni di studio per capire se terreno e clima potevano essere adatti e a cosa mi sono buttato. Johanniter perché ad istinto mi sembrava un vitigno nobile. La forma del grappolo, dell’acino. È elegante da vedere. E io volevo un vino di grande eleganza. Anche qui però mi sono abbastanza lanciato… non se ne trovavano in giro da assaggiare. L’unico che avevo assaggiato era svizzero e dolce (ho ancora la bottiglia a casa e le analisi fatte salvate da qualche parte).
Devo dire di essere stato molto fortunato.

Mi ricordi qualche dato del Vin de la Neu riferito a quale è stata la prima annata imbottigliata, il numero di bottiglie prodotte e gli ettari coltivati?

2013 prima annata prodotta e imbottigliata subito ma non messa in commercio. 300 bottiglie (una barrique). Poi siamo saliti a 2 bqs fino ad arrivare a 4 e a produrre circa 1.000 bottiglie a partire dalla 2019 (l’annata in commercio adesso).
1000 bottiglie che nascono da circa 16 ql d’uva ottenuti da 0,35 ettari.

Il tuo vino è uno dei più premiati in assoluto e l’unico ad aver conquistato i tre bicchieri del Gambero Rosso nel 2022, come sei arrivato a questi successi?

Sono premi che fanno bene a tutti i produttori di vini da vitigni resistenti. Certo sono felice di averli presi io e che il Vin de la Neu sia stato inserito nei dieci migliori vini d’Italia per Bibenda e che winescritic di Raffaele Vecchione l’abbiano premiato come Miglior Bianco d’Italia.
Non ho fatto la lista per autocelebrarmi sia chiaro. L’ho fatta per dimostrare che possiamo fare vini di assoluto livello e che non hanno paura di nessuno. Questo è l’importante.
Come ci sono riuscito?
Semplicemente con zero compromessi. A livello di impegno, di tempo dedicato, di soldi investiti e di passione.
Volevo questi risultati. Non sono il tipo che dice non contano. Per me contano e li cercavo.
E per raggiungerli ho lavorato tanto e speso anche tanto. Senza tecnologia i grandi bianchi non si fanno. Ho decine di migliaia di euro in cantina di attrezzatura che per fare mille bottiglie sembra assurdo… ma è fondamentale.
Fondamentale come fare le cose al momento giusto, non aspettare quando si ha tempo e non rinunciare mai a cercare la miglior qualità possibile.
Saltavo le vacanze per comprarmi la pressa un anno e l’imbottigliatrice quello dopo.
Lo so che se uno guarda i costi e i ricavi non parte nemmeno. Ma non ci sono strade più veloci. Spesso vedo piccoli produttori che piantano e poi vinificano alla buona… senza tecnologia e senza conoscenza. Un anno il vino viene decente e quello dopo cattivo. So che attirerò antipatie ma (parlo di vini bianchi, per i rossi il discorso cambia) pressando con il torchio del nonno dove il mosto esce marrone e ossidato dopo due minuti e imbottigliando senza filtrare e a mano i bianchi buoni non si fanno…
Poi credo che il Vin de la Neu abbia uno stile molto diverso da tutti i bianchi italiani, dato principalmente dal territorio ma anche dalla tecnica di vinificazione. Non sta a me dire se e quanto buono sia ma credo di poter dire che sia senz’altro unico e proprio per la sua unicità molto riconoscibile.

Ti confesso che ammiro il tuo impegno nel trovare modi e soluzioni innovative per comunicare e valorizzare i Piwi. In particolare, il progetto Resistenti Nicola Biasi lo vedo molto ben avviato. Hai voglia di raccontarci qualcosa in merito?

È un progetto bellissimo. Lo abbiamo fondato in 6 aziende e dopo 6 mesi eravamo già in 8 (le ultime due entrate non imbottigliano ancora e una non ha ancora piantato…!).
La mission è semplice: lavorare per produrre vini sempre migliori e con la più alta sostenibilità possibile. Ad oggi questo a nostro avviso si raggiunge solo con i vitigni resistenti soprattutto in zone come il nord Italia.
Quindi lavoriamo assieme per migliorar i vini e poi cerchiamo di raccontarli al meglio. La gente non li conosce e a volte se li conosce era meglio non li avesse conosciuti. In passato sono stati messi in commercio vini da vitigni resistenti non buoni e di scarsa qualità e il consumatore se lo ricorda. Giustamente.
Abbiamo fatto la riunione di fine anno il 20 dicembre e Martina Casagrande, mio braccio destro e riferimento indispensabile in questo progetto, ha elencato ben 20 diversi eventi fatti nell’anno dalla RESISTENTI NICOLA BIASI. Non ci credevo nemmeno io che ero presente a 19 di questi.
Un lavoro importante perché possiamo fare i vini migliori al mondo ma se il mondo non lo sa…

Dimenticavo la cosa più importante (da est a ovest…):
BARBIERI ADELE (CORMONS) – Renato della Casa
ALBAFIORITA (LATISANA) – Dino De Marchi
COLLE REGINA (FARRA DI SOLIGO) – Marianna Zago
POGGIO PAGNAN (MEL) – Alex Limana e Gianpaolo Ciet
VILLA DI MODOLO (BELLUNO) – Francesco Miari Fulcis
CA’ DA ROMAN (ROMANO D’EZZELINO) Maria Pia e Massimo Vallotto
VIGNETI VINESSA (SAN ZENO DI MONTAGNA) Leonardo e Mauro Bonatti
NICOLA BIASI (COREDO)

Come ti sembra stia crescendo il movimento Piwi in Italia, cosa vedi di positivo e negativo?

POSITIVO: cresce molto velocemente e a breve qualche nome davvero importante inizierà a lavoraci seriamente.
NEGATIVO: non vedo un controllo qualitativo e ci sono troppe differenze tra i produttori che fanno bene e quelli che fanno male. So che anche all’interno dei Brunello ci sono quelli buoni e quelli meno ma Montalcino è già un brand forte.
Noi ad oggi siamo giovani e deboli e se mettiamo sul mercato vini di qualità mediocre sarà un problema. Un problema vero.
Spero, con la rete e con le aziende che seguo, di poter aiutare il movimento ad alzare l’asticella ma dobbiamo farlo tutti. Servirebbe un controllo dall’alto…

Che suggerimenti daresti ad un giovane viticoltore che sta valutando di fare un vigneto Piwi?

Di piantare solo in un posto che merita davvero come prima cosa. Il fatto che siano resistenti non deve indurci a piantare in zone non vocate altrimenti il vino buono non si fa.
E poi di sapere che per ottenere risultati veri bisogna faticare e fare le cose con competenza.
Il vino è un prodotto dell’uomo non della natura. E le conoscenze ci permettono di fare vini più buoni.

Come enologo del gruppo Resistenti hai a che fare con zone, visioni e necessità molto diverse, come riesci a mantenere uno standard qualitativo elevato con tutti?

Grazie di aver detto che tutti i “miei” vini hanno standard qualitativi elevati. È una cosa a cui tengo molto e infatti lo metto sempre allo stesso livello della sostenibilità se non addirittura più alto.
Ho la fortuna di lavorare con persone, amici e allo stesso tempo imprenditori illuminati che hanno sposato perfettamente la mia filosofia.
Curiamo tanto i nostri vini, ci dedichiamo e non lasciamo nulla al caso. Questa è la semplice ricetta. Che parte dal vigneto naturalmente piantando la varietà giusta nel posto giusto e solo nelle zone davvero vocate come dicevo sopra.
Dimenticavo: quasi 100.000 km all’anno in macchina. Le aziende vanno seguite con costanza e presenza.

Seguendo i Resistenti sul web ho notato un posizionamento in fascia alta dei vini che spesso raggiungono anche le carte dei vini di ristoranti prestigiosi. Come vengono raccontati/proposti al tavolo per renderli interessanti e alternativi ai classici?

È vero ed è stata una scelta precisa e voluta fin dall’inizio. Fare qualità costa e quindi il prezzo deve essere coerente. E poi un vino di fascia più alta è un vino che spesso ha il tempo di essere raccontato dal sommelier o da chi per lui.
Questo è fondamentale. Credo fortemente nella qualità dei nostri vini e nel grande racconto (vero) che c’è dietro ogni etichetta. E la cosa bella è che una volta assaggiati vengono riordinati.
Lo scorso anno al ristorante Sant’Eseubio di Bassano dell’amico Roberto Astuni, un tavolo da quattro persone ha ordinato una bottiglia di Vin de la Neu e dopo mezz’ora la seconda (il prezzo lo sapete)…
Qualità abbinata a grande bevibilità è questa l’arma vincente.
A proposito al Sant’Eusebio trovate la prima Piwiteca d’Italia o d’Europa forse e una carta vini fornitissima di vini da vitigni resistenti.
Non credo debbano per forza essere alternativi agli altri. A me piace che vengano raccontati così: il territorio da cui nascono, il lavoro delle persone che ci sono dietro e infine la qualità del vino stesso. Il consumatore beve e degusta per piacere non perché il vino è sostenibile. Quindi, ritorno al mio solito discorso) il vino deve essere buono. Poi dopo tutto arriva la ciliegina sulla torta della sostenibilità. Ma solo alla fine. Non possiamo basarci solo quello. Serve vera qualità altrimenti i vitigni resistenti non prenderanno mai davvero piede.

Ci siamo visti a Venezia in occasione dell’evento Piwi International e mi è sembrato di percepire una unità di intenti. Ci sono punti in comune e iniziative che vi vedranno convergere?

Lo spero tanto. Sarebbe fondamentale remare tutti dalla stessa parte. Oltre agli aspetti burocratici (PIWI ITALIA, piwi regionali etc) sarà fondamentale riuscire ad imporre a tutti i produttori che useranno il bollino PIWI una qualità minima.
L’ho detto e sono disponibile a fare tutto quello che serve per aiutare l’associazione a farlo ma dobbiamo volerlo tutti.

Aldilà del gruppo Resistenti, ci sono altri produttori Piwi che stimi e vini che ti hanno fatto pensare ‘caspita questo è davvero buono’?

Due su tutti: Lieselhof con il Vino del Passo e Nove Lune che ha una gamma davvero bella. Tutti vini fatti con scienza, conoscenza e tecnologia.

Nell’ambito dell’apertura alle DO, io non mi sono ancora fatto un’idea precisa se è meglio vedere un Piwi entrare con il 5% in una DOC o se puntare direttamente alla prima DOC 100% da uve Piwi. Cosa ne pensi?

Non lo so sinceramente. Io sarei felice già di un primo passo. Anche perché poi le DO devono rappresentare un territorio e non un vitigno o un gruppo di vitigni…

Seppur con tempistiche molto lunghe nel futuro arriveranno altri incroci resistenti di varietà autoctone italiane, come immagini la viticoltura italiana del futuro? 

Ben vengano. Una Montalcino, dove potenzialmente si potrebbe arrivare a zero trattamenti, dove si fa Brunello da Sangiovese resistente sarebbe bellissima.

A proposito, tu che sei in Trentino, le varietà uscite dalla FEM non le hai prese in considerazione?

Si le ho assaggiate diverse volte e sono super interessanti. Alla prima occasione le pianto in un’azienda ma mi sembra se non sbaglio che siano autorizzate solo in trentino e ad oggi non ho consulenze in questa regione.

Iniziative per il 2023 che puoi anticiparci?

A Villa di Modolo partirà un progetto unico nel suo genere con un vigneto con tre Pinot Noir resistenti e poi un vigneto “galleria d’arte” con tutte le varietà di vitigni resistenti più importanti.
Finalmente il Vin de la Neu avrà la casa che merita e in estate ci sarà l’inaugurazione della nuova cantina.
In questa cantina nascerà anche la seconda annata di Renitens, il vino che rappresenta la rete. Un vino non solo di comunicazione ma di tanta sostanza che seguirà naturalmente ideali e posizionamento del progetto RESISTENTI NICOLA BIASI.

Ultima domanda (scontata), come ti sembra questo sito web? qualche suggerimento?

Bello e tanto. Ci sono più informazioni sul tuo sito che su quelli istituzionali. Davvero bello.
Continua così!

Grazie per i complimenti e per tutte le news Nicola, ci rivediamo presto.

Luca Gonzato