1936 Terraprava
Per la serie “vini da un’altra dimensione spazio-temporale” ecco il 1936 dell’Azienda Biodinamica Terraprava di Monia Zilio in Romano d’Ezzelino (VI).
Sono 375 ml di pura concentrazione aromatica “resistente”. A generare il suo colore ramato è stato il tempo e le uve di Souvignier Gris. È un passito non passito, un vino da compagnia ma non da festa, un vino per ascoltare e ascoltarsi.
L’olfatto riceve un’ondata di spunti aromatici. Miele ed erbe, datteri, albicocca, sentori eterei ed una fine trama ossidativa che lo annuncia come vino da degustare con calma.
Uso ora le parole di Monia per raccontarne la genesi: “non si tratta di un nuovo vino ma è il risultato di quanto abbiamo avanzato del mosto di uve Souvignier Gris mandate in appassimento e impiegato per la rifermentazione del RoVerso 2019. La verità è che questa piccola quota di mosto avanzato ce la siamo letteralmente dimenticata in cantina in una botte esausta tenuta aperta e a contatto diretto con l’aria per ben 3 anni fin quando la cantina che ci ha ospitato ci ha chiesto cosa ne volessimo fare. All’assaggio il vino che ne è nato ci è piaciuto così tanto da metterlo in bottiglia. La quantità è veramente esigua (ad oggi ne ho un centinaio di bottiglie) ma è un vino di cui vado molto fiera perché dimostra come portare in cantina uve sanissime e consentire loro di diventare vino senza aggiungere nulla e addirittura farle ossidare per ben 3 anni permetta di raggiungere dei risultati veramente considerevoli. Un vino sicuramente non replicabile, com’è il bello e l’affascinante mondo dei vini naturali. Il vino è dedicato a mio padre (1936 è la sua data di nascita) che ad oggi è ancora operativo e guai se alla vigna dovessero mancare la sua energia e tenacia e la mano riportata in etichetta è la sua. Il parere comune di chi ha avuto occasione di assaggiarlo è che si tratta di un passito non passito e l’abbinamento meno consigliato è proprio quello con un dolce a fine pasto. Anzi, mi sono stati suggeriti gli abbinamenti più disparati: dal formaggio a pasta dura e di lungo invecchiamento alle frattaglie di carne. Molti lo considerano un vino da “meditazione”, quasi un brandy da sorseggiare in poltrona nelle fredde serate invernali!”
In bocca è avvolgente e vivo, ampio, con una trama dolce trasportata con leggerezza dalla fresca acidità, non lascia margini alla noia dei classici passiti. Il volume alcolico del 15,5% è fonte di calore e struttura ma la piacevolezza rimane intatta nella parte aromatica.
Il retronasale è un divano nel quale accomodarsi e veder sfilare gli aromi. Ora percepisco un agrumato intenso di scorze d’arancia candite ed erbe officinali. Il finale è cremoso e fresco, rimane lì, tra naso e gola, a far viaggiare la mente su sensazioni caramellate. Anche a me ha suscitato la voglia di abbinarci un formaggio stagionato a pasta dura o un erborinato, e mi ha ricordato una degustazione a Betbezer d’Armagnac e quella persistenza infinita che si ritrova anche nel 1936.
Questo vino è un’edizione limitata, figlia di una dimenticanza e dell’azione del tempo, un’opera d’arte non ripetibile, nata in vigna e cresciuta in modo naturale. Un piacere che rende bella la vita e appaga ogni curioso amante del vino.