Sociali e Resistenti
Note di degustazione sui vini PIWI della Cantina LAVIS.
Vino bianco 2021, LAVIS
Vino bianco 2021 della cantina La-Vis e Valle di Cembra fatto da uve di Souvignier Gris.
L’occhio guarda verso un fermentato limpido e cristallino. L’olfatto è inizialmente floreale e vegetale d’erbe aromatiche con note speziate di pepe bianco e frutto tropicale di banana. Anche in questo secondo step il giudizio è positivo: pulizia e buona complessità.
In bocca è largo, glicerico e abbastanza caldo. Lascia una piacevole sensazione salina e ricordi minerali tra le guance. Il retronasale è corrispondente, con l’aggiunta di una mandorla pelata fresca ed erbe di prato sfalciate.
Il volume alcolico è del 13%. Per certi versi mi ha ricordato sia il Pinot bianco che lo Chardonnay, il primo per i profumi floreali e il secondo per l’eleganza e la trama.
Mi spiace leggere in etichetta l’annuncio di un anonimo “vino bianco” che sembra declassarlo ad una categoria di basso valore quando invece è un ottimo vino, precisamente realizzato. Proposto anche solo con un nome di fantasia comunicherebbe in modo migliore. Non ha una complessità così variegata ma mantiene ogni promessa, compresa quella di una buona persistenza aromatica. Potrebbe tranquillamente accompagnare una cena di pesce dall’antipasto al secondo piatto.
Anche se non ha avuto la valorizzazione che meriterebbe io lo reputo un bel vino e mi sono divertito a pensare ad un nome che lo rappresentasse in modo più degno. Che ne direste di chiamarlo Social Option?.
È un vino chiaramente alternativo alla consuetudine dell’offerta locale e figlio della cooperazione sociale.
Diamo un tocco di vitalità a questi vini Piwi, meritano d’essere scoperti e quindi suscitare curiosità.
Io lo servirò alla cieca perchè è molto meglio la sua anima della sua immagine.
Bronner 2021, LAVIS
Anche qui la vista gode di ottima limpidezza, il colore si intensifica nella tonalità del giallo dorato. Il naso verte sul floreale e fruttato giallo. Il pensiero va alla mela golden e alla pera abate, poi all’esotico mango. Risulta altresì percepibile un alone di pietra focaia che evoca il Riesling.
L’assaggio è fresco con richiami fragranti di fruttato nel retronasale e una cornice di sapidità che va a solleticare gli estremi della lingua. Si percepisce un buon “peso” e una trama ben organizzata di morbidezze e durezze. Il titolo alcolometrico è del 13% vol.
Il retrogusto e il finale regalano un piacevole frutto polposo. Rimane una bel ricordo di finezza aromatica seppure sfumi abbastanza velocemente. È un Bronner che sussurra tra le rocce ed i cui echi sono trasportati da correnti d’aria fresca. Si fa apprezzare con facilità e rispetta tutti i canoni di un vino fatto a regola d’arte.
È possibilmente da stappare all’aperitivo e finire a cena con degli Strangolapreti alla trentina.
Chiamare questo capolavoro semplicemente “Vino Bianco” risulta frustrante, considerando il notevole lavoro e le considerevoli risorse impiegate per raggiungere questi traguardi. Pertanto, proporrei l’organizzazione di un apposito concorso per “battezzare” questi vini, i quali spesso sono sprovvisti di nomi adeguati alla loro qualità straordinaria.
Assolutamente d’accordo, volentieri metterei a disposizione la piattaforma per dargli un nome.
Forse non dovremmo neanche sorprenderci per il nome, è evidente che la Cooperazione sta ostacolando i vitigni resistenti in ogni modo possibile, e non sarebbe una sorpresa se domani decidessero di mettere ostacoli anche ai vini prodotti da viti editate.
Meritiamo una Cooperazione che agisca in modo più positivo.
Da viticoltore vi ringrazio per il vostro impegno nell’opera di sensibilizzazione su questi temi.