10 grandi assaggi prenatalizi
Collesei 2021, El Puner – La Fata 2022, Graiff Rita – Cà de la Luce 2022, Rocche dei Vignali – Pătiŏr 2021, Ronco della Cava – MaWi Rosso 2021, Maculan – Punto Zero 2022, Corte Spiazzi – Mybrid 2022, Savian – Souvignier Gris 2022, Podere Cunial – Petrino 2022, Paolucci – La Fornace 2022, Cristina Muzzin
Collesei 2021, El Puner
È un rifermentato con metodo ancestrale, col fondo, da uve di Solaris coltivate a Feltre nel Bellunese. Alla vista è naturalmente velato per la rimessa in sospensione dei residui fermentativi. Il profumo è agrumato e ammandorlato.
In bocca ha una carbonica fine e piacevole. Il ritorno aromatico racconta di dolci di pasticceria e lieviti. Si allunga su freschezze agrumate e ricordi di confetti.
Ha una facile beva e una discreta complessità. Si presta bene ad accogliere gli amici in ogni occasione. L’ho trovato davvero gustoso.
La Fata 2022, Graiff Rita
Dorato luccicante alla vista. Ha complessità olfattiva. Ci trovo il fruttato di mela, l’agrumato, le erbe balsamiche e una sfumatura eterea. La Fata arriva dalla Val di Non, da uve di Bronner e Solaris coltivate in località Fontana da Vier, frazione Salter del comune di Romeno, a 950 m slm. Il suolo della zona è calcareo, mediamente profondo con una buona presenza di argilla.
All’assaggio La fata ha un’acidità importante, risulta leggermente astringente, il retronasale ha dell’agrumato citrino. Imprime una nota minerale e salina. L’immaginario ha già visualizzato un trancio di salmone in crosta di pistacchi. Le uve fermentano con lieviti indigeni ed affina per 10 mesi in barrique usate. Il volume alcolico è del 14,5%, arriva dopo la sua sensazione pseudocalorica. Il sorso è dominato da una sferzante energia.
È un vino sorprendente, trasporta in un territorio gustativo particolare. Forse mi sono perso nel bosco e ho scoperto un mondo fatato dove bronner e solaris si sposano al terroir ragalando qualcosa di unico. C’è molta tensione e una lunghezza che lo mantiene per minuti nel palato. Vorrei sentirlo più “calmo”, tra qualche tempo, ma forse il suo carattere indomito è proprio questo. Attenzione alla Fata e ai suoi poteri sovrannaturali.
Ca’ de la Luce 2022, Rocche dei Vignali
Da Losine in Valcamonica un vino che è una lama, verticale come una cima rocciosa. I fiori bianchi e le erbe aromatiche di basilico ne segnano un sorso che mixa ricordi di Sauvignon a note di pomacee del varietale utilizzato, il Solaris.
È un vino rappresentativo del territorio, minerale e salino, sorretto da una spalla acida imponente. Il sorso è sempre fresco, da cime alpine.
Si respira aria pura e naturalezza in questo vino. Qualcuno direbbe che è ancora troppo giovane o verde. Mi piacciono queste note se il vino è equilibrato e il Ca’ della luce lo è. Il fatto che abbia voglia di assaggiarne ancora e ancora è l’ulteriore dimostrazione che me lo fa piacere alla grande. L’ho fatto assaggiare ad alcuni clienti in enoteca e qualcuno l’ha immediatamente comprato.
Pătiŏr 2021, Ronco della Cava
Anche questo rosso “resistente” è lombardo, le uve arrivano dalla collina del Ronco della Cava a 340 mt s.l.m, nel cuore dell’alta Brianza. Qui il terreno è sabbioso/argilloso ricco di scheletro. La varietà utilizzata è il Prior, proveniente da Friburgo ed iscritta in Italia nel 2013.
Alla vista è denso con un tono di rosso rubino che vira verso il granato. L’olfatto esprime note fruttate, scure, unite a sentori d’erbe balsamiche e ricordi terrosi. L’assaggio è qualcosa di insolito, si percepisce un corpo strutturato, fatto di tanta sostanza, con una elegante acidità ed un tannino delicato ed evoluto. Non c’è quella nota alcolica che mi aspettavo di sentire e che temevo fosse sul 14%. Pătiŏr ha solo il 12,5% di vol, lascia tutto il campo ad una beva gustosa. Gli aromi sono infatti protagonisti, il sorso aggiunge sfumature speziate e terziarie dell’affinamento in barrique di circa 8 mesi.
Riesce a coniugare una matrice contadina-naturale ad una compostezza da serata di gala. Il finale è salino e abbastanza persistente. Ottimo, c’è poco da aggiungere e tanto da apprezzare.
Sono in pochi ad essersi cimentati nella vinificazione in purezza del Prior. Questa interpretazione è molto bella ed appagante. Il dirigibile di Ronco della Cava viaggia in alto, sopra tutti gli altri.
MaWi rosso 2021, Maculan
Il MaWi si presenta nel calice con densità e sfumature rosso rubino. Al naso è pulito, arrivano sentori speziati, floreali di viola e fruttati di ciliegia sotto spirito. All’assaggio risulta equilibrato tra durezze e morbidezze.
Fresco e croccante in ingresso, il tannino è formato e non dominante. Si allunga sulle note terziarie e su ricordi di viola e balsamici d’erbe officinali. Il volume alcolico del 14% è importante ma poco percepibile, svolge un buon lavoro di ammorbidimento. Nel finale si ha una sensazione setosa al palato. Ha un’interessante complessità aromatica.
MaWi è ottenuto da uve di Cabernet Volos e Merlot Khorus. Affina 12 mesi in barrique di rovere. Nel complesso tutto è al posto giusto e piacevole. È un vino che scopro per la prima volta e che trovo già pronto, “buona la prima”. È già un ben strutturato, potremmo definirlo un bordolese PIWI, ma l’associazione alla tipicità francese ha poco senso. Volos e Khorus si esprimono con una energia diversa ed un profilo aromatico che apre a nuovi orizzonti.
Punto Zero 2022, Corte Spiazzi
Vino dai riflessi dorati prodotto da uve Bronner coltivate in vigneti posti in alta collina, a 650m nel comune di Marano di Valpolicella su suoli argillosi-limosi con alta presenza di calcare e sostanza organica.
Al naso è solare, esprime aromi morbidi di frutta gialla e ricordi di fieno e miele. L’assaggio è salino, fresco. Cambia faccia rispetto all’olfatto, mostra tensione e verticalità. Ha una bella beva e una struttura composta. Il retronasale suggerisce la mela golden mentre nel finale trovo sentori citrini e d’erbe aromatiche.
La persistenza è lunga, non si può fare a meno di pensare alle fresche serate primaverili e ai profumi della natura che si risveglia. Il Punto Zero è un ottimo inizio, racconta di un vino vivo, vibrante. Trova nelle grassezze gastronomiche il miglior ring dove confrontarsi.
Mybrid 2022, Savian
La bottiglia ha caratteristiche inusuali, sfoggia sul vetro il rilievo del marchio Savian e il tappo è in vetro. Nel disegno in etichetta è rappresentato il sogno di William Savian: un ambiente naturale dove la protagonista è la vite, che come un albero accoglie tutti gli esseri viventi, piante, animali e uomini che convivono in un perfetto equilibrio.
L’aspetto del vino è cristallino, con un profilo olfattivo molto invitante e complesso, dal fruttato tropicale al floreale bianco fino ad una speziatura esotica.
Savian è a Loncon di Annone Veneto, i vigneti sono su suolo calcareo-argilloso.
Al palato arriva con eleganza ed equilibrio. Ingresso, progressione e finale suonano con precisione come su una partitura. L’acidità imprime una facile bevibilità. Tutto è piacevole e fresco. Rimane abbastanza a lungo e con eleganza il ricordo aromatico.
Bel vino, lo hanno apprezzato anche alcuni avventori dell’enoteca ai quali l’ho fatto assaggiare. I PIWI e questo Mybrid in particolare, regalano sempre belle emozioni a chi li assaggia per la prima volta.
Souvignier Gris 2022, Podere Cunial
Limpido cristallino con riflessi dorati. Offre all’olfatto dei profumi eleganti di frutta a polpa gialla, ci sono poi sfumature che mi ricordano le erbe balsamiche.
Podere Cunial si trova sui colli asolani in provincia di Treviso, all’interno della Riserva della Biosfera MAB Unesco del Monte Grappa. Il vigneto a circa 250m su terreno a medio impasto composto da sabbia, limo e argilla con substrato profondo ricco di minerali.
L’assaggio è elegante, generoso, di corpo. Il vol. è del 13%. Nel retronasale torna un frutto fresco di melone e pesca bianca che nel finale vira verso l’agrumato di limone. La chiusura è salina e polposa. Decisamente un ottimo Souvignier Gris, rimane a lungo nel palato dopo aver deglutito.
Il terroir imprime a questo vino una struttura importante, lo rende un PIWI di grande interesse, piacevolezza e sostanza soddisfano ampiamente le aspettative.
Petrino 2022, Paolucci
Il Piwi Petrino è il Soreli che non ti aspetti, una novità Abruzzese in cui il terroir imprime già alla vista una personalità spiccata. Giallo intenso e dorato, dal profumo “estivo”, di fieno ad asciugare, frutti gialli maturi e sambuco.
In bocca è sferico e robusto, sostenuto da una bella acidità. Il volume alcolico è del 12,5%. Nel retrogusto si ritrova il fruttato polposo e sfumature di mandorla e miele, poi ci sono ricordi vegetali d’erbe balsamiche e di fieno.
È un vino che racconta molto del territorio, generoso e ampio, solare. Si allunga mantenendo finezza e una discreta persistenza nel finale. Un nuovo PIWI che saprà sicuramente farsi amare. Chi l’ha assaggiato in enoteca lo ha apprezzato molto.
La Fornace 2022, Cristina Muzzin
Nome e immagine in etichetta fanno riferimento ad un’antica fornace che sorgeva nei pressi dell’azienda vinicola di Cristina Muzzin a Bannia di Fiume Veneto (PN). Il suolo argilloso è anche la matrice di questo vino dal colore intenso e dai riflessi purpurei.
La varietà utilizzata è il Merlot Khorus. Al naso è abbastanza fine e pulito, con sentori di frutti di bosco in confettura e vegetali che rimandano al sedano.
All’assaggio è fresco, con un piacevole e intenso ritorno aromatico di liquirizia nera che sfuma su quelle note vegetali che trovavo al naso. Ha una interessante texture minerale e salina che persiste nel finale donandogli vitalità. I tannini sono sottili e non invasivi. Sì, mi piace.
Il volume alcolico del 14,5% non infastidisce, si percepisce poco come calore in bocca e aiuta a renderlo più morbido ed equilibrato. Certo che poi arriva, come una tassa da pagare.
La Fornace è già piacevole ma ha anche un bel potenziale di maturazione. Idealmente si abbina con carni stracotte o paste fatte in casa ben condite. Mi ha dato la sensazione di raggiungere un alto picco di espressività appena deglutivo che è però durato poco, poi si è stabilizzato in una persistenza aromatica più delicata.
Mi ha ricordato i pranzi invernali domenicali in famiglia, con il camino acceso e i piatti fumanti di spezzatino e polenta.
Sono stati 10 assaggi intriganti, ognuno ha raccontato qualcosa di personale ed assolutamente diverso rispetto agli altri. Queste diversità hanno il comune denominatore di derivare da uve PIWI, vitigni che sempre più riescono a trasmettere con naturalezza il territorio e l’idea di vino che ognuno dei produttori ha voluto imprimere. Molti di questi vini sono alla loro prima uscita, un gran debutto, nessuno escluso.