PIWIPEOPLE: Marco Vacchetti
Intervista a Marco Vacchetti titolare della Vivai Viticoli Trentini
Ciao Marco, mi racconti brevemente come ti sei avvicinato al genere Vitis e come è diventata una professione?
Sono nato, ho vissuto e studiato all’ombra delle due torri di Bologna, laureandomi in Scienze Agrarie con Il Prof. Intrieri e il Prof. Poni che mi hanno dato una grande formazione tecnica e scientifica.
Prima della coltura della vite era infusa in me la passione per la cultura del vino sotto gli aspetti storici, religiosi, artistici ed edonistici.
La passione è diventata professione subito dopo la laurea quando iniziai a lavorare nel settore vivaistico in Trentino.
Quando e come è nata Vivai Viticoli Trentini?
Dopo circa 9 anni di attività di direttore di una cooperativa vivaistica, mi sono voluto mettere alla prova concretizzando e realizzando con le mie mani le piante; non sono solo un tecnico venditore ma realmente un vivaista produttore. Nel 2005 è nata la Vivai Viticoli Trentini che coniuga il magnifico territorio trentino e la capacità imprenditoriale e culturale di un bolognese.
Puoi dirmi quanti ettari e quante persone sono occupate?
Attualmente l’azienda occupa mediamente 12 ettari di vivaio, 8 ettari di campi di piante madri portinnesti, 5 ettari di campi piante madri marze certificate e altri 10 ettari circa di campi di piante madri marze sparse per l’Italia.
Trattate sia varietà da vino che da tavola, sono due mercati paralleli oppure sono entità completamente diverse?
Il settore delle varietà da vino è ancora predominante e, sinceramente, più affascinante, ma anche più difficile e competitivo. La produzione delle piante atte all’uva da tavola negli ultimi 5 anni è diventata sempre più importante sia per soddisfare una clientela hobbistica ma soprattutto il settore professionale estero.
Quando hai iniziato a lavorare con i PIWI e perchè?
Mi sono imbattuto nelle prime varietà piwi nel 1998 appena arrivai in trentino, in quanto una azienda lungimirante aveva già piantato un vigneto di Regent. Inoltre mi incuriosì una varietà ungherese, dal nome impronunciabile, Zalagyöngye che fu una delle prime varietà da tavola che moltiplicai. Inizialmente non compresi l’importanza reale di queste varietà ma rimasero nel mio bagaglio culturale. Nel 2009 il mercato vivaistico subì un arresto pesante. Le crisi possono essere dei momenti estremamente positivi per innovarsi e riflettere. Iniziai a comprendere che le varietà resistenti sarebbero potuto essere delle alternative molto importanti.
Tra le varietà da vino avete sia vitigni tradizionali che PIWI, quale dei due è il tuo principale mercato?
Quando iniziai nel 2009 ad occuparmi in maniera professionale dei vitigni PIWI vi erano ancora molti pregiudizi e si parlava, in maniera negativa, di ibridi. Oggi la mia produzione di vitigni PIWI rappresenta circa il 30% della produzione ovvero indicativamente 500.000 innesti ed è pressoché equivalente alla produzione di varietà da vino tradizionali.
Quali sono le varietà Piwi che ti chiedono più spesso?
Moltiplico, prevalentemente, le varietà dell’Istituto di Friburgo, con il quale abbiamo stipulato un contratto, poi alcune varietà di origine ungherese ed infine stiamo iniziando a moltiplicare varietà ottenute direttamente da noi.
Quale o quali varietà PIWI ritieni siano le migliori come resistenza/qualità delle uve?
Le varietà maggiormente richieste e che considero le migliori sono: il Souvignier gris, ottima resistenza e grande qualità, Bronner e Johanniter possiedono una resistenza più che buona e si ottengono dei vini paragonabili alle varietà tradizionali più conosciute, Solaris ottima resistenza e se collocata correttamente dà origine a vini estremamente piacevoli. Infine vi è il Poloskey Muscotali, che è una varietà moscata che possiede un’ottima resistenza, eccellente produttività ed i vini dal caratteristico sapore moscato sono piacevolissimi.
Quali sono le zone dove lavori di più? …operi anche all’estero?
Con le varietà Piwi lavoriamo prevalentemente nel nord Italia e in Francia, ma negli ultimi anni, causa cambiamenti delle condizioni climatiche, anche nel centro e sud Italia.
Dal tuo punto di vista commerciale come vedi la situazione dei PIWI in Italia?
È in atto un grande ripensamento di come fare agricoltura. Il cambiamento climatico, la carenza di manodopera, i costi di gestione…. ci impongono di fare valutazioni ponderate. La certificazione biologica è messa in forte discussione. Le varietà PIWI sono l’inizio di una nuova viticoltura. I viticoltori sono aperti a questi cambiamenti perché non sono più disposti ad un continuo utilizzo di prodotti fitosanitari, che intaccano la loro vita e la natura, oltre ad essere particolarmente stressanti. È il mondo del vino che deve avere il coraggio e la forza di proporre questi prodotti.
Cosa ne pensi della TEA e delle future varietà resistenti da genoma editing che stanno per arrivare e che possono ritenersi dei cloni al 100%?
Le nuove tecniche di miglioramento genetico, potranno bypassare il problema commerciale, in quanto si avranno le varietà tradizionali resistenti. Il cammino è ancora lungo anche se tecnicamente sembra semplice. La problematica che intravvedo sarà la riduzione della variabilità intravarietale, già ridotta con l’introduzione dei cloni, e la presenza di brevetti e royalties.
Quale futuro vedi per il vivaismo viticolo?
Il cambiamento nell’agricoltura si sta rispecchiando anche nel vivaismo viticolo. Si ridurranno sempre maggiormente il numero di aziende e contemporaneamente quelle che rimarranno saranno sempre più grosse. La mia azienda, per mantenere comunque il carattere di piccola azienda che salvaguardia il patrimonio viticolo “minore” si è sdoppiata; il centro aziendale in trentino è un atelier che moltiplica le varietà con una diffusione molto limitata oppure le selezioni aziendali, mentre la struttura di Bovolone nel Veronese è un centro moderno che, con un numero di addetti elevato, moltiplica più di 1,5 – 2 milioni di innesti.
Cosa dici a un viticoltore indeciso se piantare vitigni tradizionali o PIWI?
Di fare i conti di sostenibilità economica, sociale e ambientale!
Chi ti chiede piante PIWI lo fa perchè?
Perché ha fatto i conti…
Non te l’ho chiesto prima ma tu hai una preferenza per le varietà tradizionali o per quelle PIWI?
Ho preferenza sui prodotti che danno dei buoni risultati qualitativi.
Quale è il tuo vino preferito?
Domanda che spesso mi fanno. No, non ho sinceramente un vino preferito, come non ho una canzone od un piatto preferito ma ho un vino, una canzone o un piatto che in un determinato momento mi danno delle particolari sensazioni.
Ho un ricordo indelebile però di uno dei miei primi vini che bevvi attorno ai 16 anni a Treviso e che era, un passito di uva fragola bianca!!
Puoi dirmi qualche cantina che secondo te sta facendo molto bene con le varietà PIWI?
Ormai le cantine che producono ottimi vini PIWI sono tante per cui per non fare torto a nessun non faccio nomi.
Cosa secondo te andrebbe fatto per favorire la diffusione dei PIWI?
Comunicazione, consapevolezza, coraggio e tempo.
Programmi per il futuro?
Nuove varietà resistenti da vino e da tavola e sempre maggior conoscenza delle varietà per poterle consigliare al meglio.
E di vinievitiresistenti.it cosa pensi?
La passione che si è concretizzata comunicandola al mondo.
Sta avendo un ruolo importantissimo nel fare conoscere queste varietà in tutti i suoi aspetti.
Un grazie al tuo impegno ed alla tua passione.
Grazie del tuo prezioso contributo Marco!