Il Murchì 2022, Moncucchetto

Prima volta che assaggio un vino da varietà Divico. Non è un PIWI italiano bensì svizzero, incrocio del 1996 tra Gamaret e l’ormai noto Bronner. Del Gamaret, varietà svizzera, i genitori sono il Gamay (discendente da Pinot Noir e l’Heunish weiss -il capostipite-) e il Reichensteiner (che deriva dall’incrocio di Mueller Thurgau e Madeleine x Calabre).
Quindi in fondo potrei aspettarmi qualcosa che ricorda sia il Gamay che il Pinot noir con una rotondità da Bronner e un buon corredo aromatico.

Il colore è di un rosso rubino quasi impenetrabile, direi che è nel range dei rossi PIWI, ricchi di antociani.
Al naso è elegante, con belle sfumature di piccoli frutti rossi in confettura, speziate di cannella e di erbe balsamiche che mi ricordano l’eucalipto.
La cantina Moncucchetto si trova in collina, a 425 m/slm sopra Lugano, da qui si possono vedere i laghi di Lugano e Muzzano. Immagino la quiete e l’aria fresca della sera sul vigneto di Morchino.

Foto di proprietà Moncucchetto

All’assaggio arriva quello che mi aspettavo, un bel mix, succoso di ciliegia e marasca che scorre fresco e minerale. Il tannino è sottile ed equilibrato da una adeguata morbidezza alcolica del 13% di Vol.
La domanda che mi sono posto è stata, saresti stato in grado di riconoscerlo come PIWI?, No. Semmai avrei pensato a una Schiava come varietà.

È piacevole, chiede la ripetizione del sorso. Ha una buona complessità e lunghezza. In ingresso è gioviale con i suoi bei sentori, poi se ne percepisce la sostanza e capisci che ha tante cose da raccontare. Nel retrogusto si ritrovano quelle sensazioni balsamiche e speziate che ora mi portano verso la liquirizia. In vinificazione fa una macerazione a temperatura controllata a cui segue la malolattica in barrique di terzo passaggio e un affinamento di 8 mesi.

Il Murchì, rosso IGT della Svizzera italiana, è in definitiva un vino buono, molto buono. Certamente metterò tra i buoni propositi del 2025 quello di assaggiare altri Divico. Penso che questa varietà abbia una bella personalità e che i vini che ne derivano possano essere molto piacevoli. Come rosso PIWI batte parecchi dei “nostri”. Chissà cosa potrebbero trarne i produttori italiani con questa varietà…
Ultimo pensiero, anzi ringraziamento, va ai creatori del Divico, cioè l’Istituto elvetico Agroscope e il breeder Jean-Laurent Spring, e all’amico Luca D.P. per avermi regalato l’opportunità di scoprirlo.