La Vigna del Naviglio

Un nuovo progetto di sostenibilità ha portato alla nascita di un vigneto PIWI sperimentale alle porte di Milano.

Si trova lungo il naviglio Pavese, dove finiscono i palazzi e inizia la campagna, quella che ancora resiste, inserita nel Parco Agricolo sud Milano. Una zona verde a cavallo tra il comune di Rozzano e quello di Zibido San Giacomo. I milanesi la conoscono bene questa zona, grazie alla pista ciclabile che dalla Darsena costeggia il naviglio fino a Pavia, una strada amata da ciclisti e podisti di ogni età.

È qui che la cooperativa sociale Chico Mendes, grazie alla collaborazione con la società Infrafin, gruppo Bastogi, che ha concesso l’uso dell’area e ad un contributo di Fondazione Cariplo, ha sviluppato il progetto di riqualificazione di una zona che era occupata da orti comunali abbandonati in cui erano presenti molte baracche con annesse recinzioni e attrezzature.

La cooperativa Chico Mendes ha avuto l’idea di ricostituire una vigna sulla riva del naviglio Pavese, storica area di produzione sin dall’antichità, per riportare in vita la tradizionale produzione locale di uva, da vino e da tavola, attraverso una produzione totalmente innovativa (PIWI) e socialmente sostenibile.

Foto Cascina Sant’Alberto

Il vigneto fa parte della storia di Milano, basti pensare alla famosa Vigna di Leonardo che tra l’altro ha progettato il sistema dei Navigli. Nei dintorni di Milano la vigna era una coltivazione diffusa, fino all’arrivo delle malattie fungine e della Fillossera a fine ‘800.

Fra Bonvesino, vissuto nel 1300, nel suo scritto “Le Meraviglie di Milano” cita: “..Le vigne numerose producono svariati generi, sia dolci sia aspri, di vini salubri, saporiti, chiari, di colore bianco, giallo, roseo e dorato in tanta abbondanza che certe famiglie raccolgono ogni anno dalle proprie vigne, al tempo della vendemmia, più di mille carri di vino, altre più di cinquecento, altre più di cento. Sembrerà forse stupefacente anche questa affermazione: che nel contado di Milano più di seicentomila carri di vino, nelle annate buone vengano messi in botte, come assicurano quanti hanno fatto diligenti indagini e dichiarano di poter offrire valutazioni esatte…”.

La presenza della vite sulle colline dell’Oltrepò Pavese risale ad epoche antichissime, come testimonia il tralcio di vite fossile risalente ai tempi preistorici e conservato presso il Museo archeologico di Casteggio. Probabilmente furono gli Etruschi, nel corso della loro fase espansionistica nel VI a.C., a portare la coltura della vite nella Pianura Padana.

Oggi le varietà di uva selezionate sono ben diverse, devono sottintendere il recupero del terreno nel più ampio margine di sostenibilità disponibile. Grazie alla collaborazione con i Vivai Viticoli Trentini, sono state piantate in circa mezzo ettaro 745 barbatelle di varietà PIWI. Bronner, Prior e Poloskei Muskotaly per la produzione di vino e le varietà Goldberry e Zemira come uve da tavola.

Purtroppo dopo poco settimane dall’impianto vi è stato il furto di un centinaio di piante e di pali di castagno, ciò non ha comunque scoraggiato il gruppo di lavoro che anzi ha l’intenzione di ampliare il vigneto con altre varietà resistenti.

Da sinistra: Barbara Oteri, Stefano Magnoni e Luca Gonzato

Il progetto coinvolge anche l’Azienda agricola Sant’Alberto, gruppo Bastogi, nata nel 1999 con una produzione prevalentemente cerealicola, alternata a prati stabili da sfalcio. Oggi coltiva circa 218 ha di terreni agricoli in Lombardia, prevalentemente all’interno del Parco Agricolo Sud.

In Cascina Sant’Alberto si svolge anche un’attività di panificazione nel laboratorio artigianale, situato al suo interno con distribuzione e vendita, che produce pane e prodotti da forno artigianali e biologici preparati con pasta madre e con cereali bio macinati a pietra. Attraverso la ristrutturazione completa di un edificio annesso, grazie ad un contributo di Regione Lombardia-PNRR Next generation EU, si svolgeranno attività sociali di aggregazione e di promozione dei prodotti del vigneto, già nei prossimi mesi.

Le piante sono ancora piccole ma crescono velocemente, come questo progetto dai tanti risvolti positivi. Questo è solo l’assaggio di un racconto che porterò avanti nel tempo.

Un grazie particolare a Barbara Oteri di azienda agricola Sant’Alberto, a Stefano Magnoni della cooperativa Chico Mendes e a Walter Meles per avermi reso partecipe di questo bel progetto milanese.